La procedura relativa all’esame del PROGETTO PRELIMINARE di rifacimento dello stadio Ennio Tardini, presentato in Comune il 21/5/2021, come già evidenziato in precedenza, è stata portata a termine lasciando irrisolta la questione normativa che impone l’approvazione del piano economico finanziario senza che nessuno abbia sollevato obiezioni.
L’iter prevede che il proponente produca lo studio di fattibilità e il piano economico finanziario (PEF): quest’ultimo, in sede di Conferenza dei servizi, è stato bocciato dall’advisor esterno (costato € 48.068) incaricato dal responsabile del procedimento (RUP) di valutare gli aspetti economico-finanziari della proposta, trattandosi di materia specialistica di cui, per stessa ammissione del RUP, il Comune non aveva a disposizione risorse e competenze adeguate.
Solo grazie al parere favorevole del RUP — che ha aggirato lo scoglio insormontabile della bocciatura del PEF rinviandone ogni valutazione alla successiva fase del progetto definivo, invece di rigettare, come avrebbe dovuto, la proposta — ha potuto avere luogo la deliberazione di pubblico interesse da parte del Consiglio comunale. Non della Giunta, che secondo le norme è l’organo competente, come dedotto anche in un ricorso al TAR presentato da alcuni cittadini.
La fantasia è un pregio nella narrativa, ma non nel tentativo di rimediare, in sede Amministrativa, a un provvedimento viziato in radice dalla mancata approvazione del PEF.
Il Comune, a fronte di un motivo di incompetenza dedotto in sede giurisdizionale dal TAR, ha tentato di ovviare all’inconveniente facendo adottare alla Giunta la delibera di pubblico interesse. Un’operazione complessa, che ha visto convolto anche il Consiglio comunale, che in data 3/4/2023, dopo una lunga seduta orchestrata dal presidente del Consiglio, ha approvato una mozione che impartiva alcune PRESCRIZIONI alla progettazione del nuovo stadio da parte del Parma Calcio 1913.
“Il Parma Calcio ha ribadito anche durante il percorso partecipativo di volere presentare un progetto di demolizione e ricostruzione totale dell’impianto. Oggi il Consiglio comunale dice chiaramente che quella direzione non trova l’appoggio dell’Amministrazione, che chiede una riduzione dei tempi del diritto di superficie e annessi. Si certifica dunque un passaggio del tutto nuovo, ovvero un Comune che sceglie e indirizza il processo dove ritiene più opportuno e lo fa dopo aver ascoltato la cittadinanza e aver promosso la partecipazione. Un Comune che chiede un progetto differente più in sintonia con le ragioni della città. L’interesse pubblico che entrerà nella delibera di Giunta si misura dunque in questo senso, in un progetto e in una prospettiva differenti.”
Lorenzo Lavagetto, Consiglio comunale, 3/4/2023
La Giunta, in data 5/4/2023, ha adottato la delibera dichiarativa del pubblico interesse recependo in larga parte le prescrizioni impartite dal Consiglio comunale.
Cinque mesi dopo, il 12/9/2023, la società Parma Calcio 1913 presenta in Comune il cosiddetto PROGETTO DEFINITIVO che fa letteralmente piazza pulita delle prescrizioni impartite dalla Giunta comunale. Comprese le più rilevanti, come la “sostenibilità economico-finanziaria della proposta, rifunzionalizzando gli elementi della costruzione che possano essere utilmente conservati […] a partire dalla tribuna Petitot […] con conseguente riduzione del costo”, cioè NON demolire integralmente lo stadio esistente, edificato tra il 1991 e il 1993, quando invece il “nuovo” progetto prevede di radere al suolo l’intero impianto, e quella relativa alla “consistente e sostanziale riduzione della durata della concessione”, che viene al contrario riproposta invariata a 90 anni.
Conservare gli elementi ancora oggi funzionali dello stadio, come la tribuna Petitot, avrebbe reso possibile una significativa riduzione del costo di costruzione dell’opera (quindi anche del rischio complessivo dell’operazione) che avrebbe a sua volta permesso una considerevole riduzione del periodo necessario per ripagare l’investimento iniziale. Invece il proponente conferma l’intenzione di demolire integralmente l’attuale impianto.
Ben diversa la strategia adottata dal presidente dell’Atalanta, Antonio Percassi, per lo stadio di Bergamo, che riduce in modo significativo il costo e il rischio complessivo dell’operazione in quanto ne conserva buona parte, diluisce gli interventi in un arco temporale di maggiore durata e li suddivide in fasi separate, ciascuna meno impattante dal punto di vista del rischio di costruzione e dell’impegno economico, evita la necessità (e il costo) di uno stadio sostitutivo temporaneo in quanto i lavori sono svolti solo a campionato fermo e risparmia ai tifosi della squadra di casa il disagio di inutili quanto costose trasferte durante il cantiere. A proposito, per i naming rights (diritti di intitolazione) del proprio stadio, l’Atalanta (56 campionati disputati in serie A) riceve un canone stagionale di € 750 mila, il PEF del nuovo Tardini, per la stessa voce, prevede € 3,5 milioni a stagione.
Inoltre, il progetto definitivo non risolve i notevoli problemi di natura urbanistica, di viabilità, di mobilità, di congestione del traffico veicolare, di incolumità pubblica, di sicurezza urbana e di inquinamento acustico sugli insediamenti residenziali circostanti causati dall’impianto attuale, che anzi vengono aggravati dalle nuove funzioni commerciali e di pubblico spettacolo.
Problemi incompatibili con la disciplina del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), che è lo strumento di indirizzo per la pianificazione urbanistica dei comuni, richiamata dalla Provincia nel suo parere sul progetto preliminare, che anticipava la necessità di un doveroso approfondimento, fino a oggi a quanto pare mai compiuto.
La scheda M-1 del PTCP, che riguarda l’insediamento dello stadio Ennio Tardini, individua infatti numerose importanti criticità funzionali, infrastrutturali, ambientali e detta gli indirizzi per risolverle.
La scheda del PTCP riporta le seguenti caratteristiche:
- Tipo di insediamento: area recintata inserita in tessuto urbano altamente edificato;
- Sistema insediativo: interno al centro urbano di Parma.
Evidenzia le seguenti criticità:
- Criticità funzionali: ridotte possibilità di ampliamento e riqualificazione; ricadute di traffico veicolare, rumore su insediamenti residenziali posti al contorno; scarsa efficienza funzionale in ragione del contesto urbano centrale;
- Criticità infrastrutturali: accessibilità veicolare; spazi di sosta per i momenti di maggiore afflusso di pubblico;
- Criticità ambientali: rumore e qualità dell’aria.
E propone i seguenti obiettivi e indirizzi:
- Obiettivo: riduzione degli impatti negativi sul contesto abitativo;
- Indirizzo insediativo: decentramento delle attività a maggiore afflusso di pubblico.
Obiettivi e indirizzi insediativi del PTCP per nulla recepiti dal progetto definitivo.
Ultima, ma non minore, è la questione rimasta insoluta del piano economico finanziario.
Già il PEF del progetto preliminare è stato bocciato dall’advisor ingaggiato dal Comune. Tra i molteplici rilievi negativi, l’advisor ha ritenuto i ricavi di gestione dello stadio fortemente sopravvalutati rispetto ai comparativi (benchmark) di mercato. A seguito di ciò il RUP, in Conferenza dei servizi, per non esprimere un parere negativo, non ha approvato il PEF, rimandandone ogni valutazione alla successiva fase del progetto definitivo, e non ha allegato la relazione dell’advisor al verbale conclusivo della Conferenza dei servizi, né agli atti conseguenti della procedura.
A quanto pare, col progetto presentato il 12/9/2023, il problema della mancata approvazione del PEF si complica ulteriormente. È sufficiente una scorsa ai ricavi annuali da stadio ipotizzati per rendersene conto. Dato che il progetto definitivo prevede una riduzione dei posti a sedere da 24.738 a 20.986, come si può ritenere verosimile che uno stadio con 3.752 posti in meno (-15,2%) e con le altre caratteristiche e funzioni in sostanza invariate possa generare ricavi annuali maggiori di più del doppio (+122,2%) rispetto a quelli già ritenuti inverosimili nel PEF del progetto preliminare?
Certamente non basta una “asseverazione” commissionata dallo stesso Parma Calcio 1913 per risolvere il pesante nodo irrisolto del PEF bocciato nella fase precedente. Asseverazione (5 pagine in tutto) che si limita a svolgere una mera disamina ragionieristica delle componenti numerarie e della congruenza formale dei parametri indicati; non c’è traccia di alcuna analisi sostanziale volta a stabilire la fondatezza e consistenza dei valori economici posti alla base delle ipotesi del PEF mediante il confronto con dati statistici di settore e comparativi (benchmark) di mercato.
Le norme sono chiare: spetta all’amministrazione concedente il compito di accertare la adeguatezza e la sostenibilità del PEF, intesa come concreta capacità del proponente di eseguire correttamente le prestazioni, per l’intera durata della concessione, attraverso il mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione. Qui si tratta di dare in concessione gratuita per quasi un secolo un immobile pubblico del valore a libro di € 55,6 milioni situato nel cuore della città. Per questo il Comune non può sottrarsi dal dovere di svolgere, in piena autonomia, una accurata valutazione del PEF del progetto definitivo, avvalendosi di risorse dotate delle necessarie competenze specialistiche e di assoluta imparzialità.
È evidente infatti che se il soggetto che avrà in concessione il nuovo stadio non sarà in grado di garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione, le perdite e i debiti si accumuleranno fino a condurlo al fallimento, causando di riflesso un notevole danno alla municipalità. Peraltro, in caso di fallimento del concessionario, quale sarà la sorte del bene pubblico “stadio Tardini”? Quale garanzia abbiamo che ritornerà al Comune?
Sono tutte questioni dirimenti, senza apparente soluzione, che mettono il Comune “fuori campo”, con l’ineluttabile dovere di respingere la proposta del Parma Calcio 1913 perché in netto contrasto con le citate prescrizioni per la riqualificazione del Tardini impartite dalla Giunta, con gli indirizzi indicati dal PTCP e con un PEF ancora meno verosimile di quello bocciato e NON APPROVATO del progetto preliminare.
Rimane da chiedersi come si possa concepire una proposta progettuale in così palese e frontale contrapposizione rispetto alle stesse prescrizioni impartite dall’amministrazione comunale, agli indirizzi indicati dal PTCP e con una fattibilità economico-finanziaria manifestamente inverosimile, aspettandosi che venga approvata. Con questo il Comune è “fuori campo”.