Dopo la partita di ieri sera la situazione del Parma Calcio si complica, non solo dal punto di vista sportivo. Infatti, con la mancata promozione in Serie A, la previsione di risultato economico della società Parma Calcio 1913 per l’anno 2023 è di € 100 milioni di perdita.
A fine 2023, in soli 3 anni e 4 mesi di gestione Krause, si possono prevedere in totale circa € 310 milioni di perdite. Dalla rifondazione della società di calcio nel 2015 fino alla fine del 2022 saranno prevedibilmente € 380 milioni di perdite complessive. Una situazione che evidenzia un crescente squilibrio tra costi e ricavi.
La principale causa si questo squilibrio sta nello spropositato ammontare del cosiddetto “costo del lavoro allargato”, costituito dai salari e stipendi (76 calciatori, 69 tra allenatori e staff tecnico, 3 dirigenti, 2 quadri e 47 tra impiegati e operai) e dagli ammortamenti dei calciatori, che ammontano in totale a € 94,3 milioni. A quelle due voci negative del conto economico vanno sommati altri costi operativi e oneri di gestione per ulteriori € 35 milioni. Sono in totale € 130 milioni di costi.
In previsione di dare in concessione per quasi un secolo il bene pubblico “stadio Tardini” a una società di calcio che dalla sua fondazione nel 2015 alla fine del 2022 ha registrato ben € 280 milioni di perdite, che cosa aspetta l’amministrazione comunale, sindaco Michele Guerra in testa, a chiedere le dovute preventive garanzie di continuità aziendale al proponente del progetto immobiliare del nuovo stadio, rendendole pubbliche per dovere di trasparenza nei confronti dei moltissimi cittadini legittimamente preoccupati?
Lo stadio Tardini è un bene pubblico, cioè della città, valutato € 55,6 milioni a libro cespiti del Comune, non un domaine de la Couronne. Il Sindaco e gli amministratori locali non ne hanno la titolarità, né possono disporne a piacimento. Il loro primo dovere è tutelare l’interesse pubblico, cioè di tutti i cittadini.